Home Approccio Italo Albanese Il “Grande fratello” che svela la fragilità della democrazia albanese

Il “Grande fratello” che svela la fragilità della democrazia albanese

Il Partito socialista albanese avrebbe raccolto ed utilizzato illegalmente i dati di 910.000 cittadini. In Albania, a pochi giorni dalle politiche, scoppia il caso “Grande fratello”. Anche l’autrice di questo articolo si è ritrovata, a sua insaputa, schedata

Di Gentiola Madhi

Domenica 25 aprile in Albania si terranno le elezioni parlamentari. L’avvicinamento si sta svolgendo in una situazione politica altamente polarizzata e in una profonda indifferenza per le regole di allontanamento sociale che sarebbero necessarie a causa della pandemia in corso. La campagna elettorale è stata dominata da accuse reciproche e da toni aggressivi tra governo e opposizione, soprattutto dopo che il cosiddetto dossier “Grande fratello” è diventato di dominio pubblico.

Una settimana fa, l’11 aprile, il portale web di informazione Lapsi.al  ha pubblicato una notizia sull’esistenza nelle mani del Partito socialista di un database con dati personali sensibili di 910.000 elettori albanesi. Sarebbe stato creato per scopi elettorali con dati raccolti dalle istituzioni pubbliche.

Dalle fila del Partito socialista si è inizialmente ignorato lo scandalo. I suoi funzionari si sono però concentrati sul denigrare l’operato del portale Lapsi.al, sito di notizie percepito come allineato all’opposizione a causa delle suo approccio critico sull’operato del governo.

Dopo quattro giorni però il primo ministro Edi Rama ha riconosciuto che il suo partito dal 2009 ha adottato un sistema di “patronato” basato su un database interno creato attraverso la raccolta di informazioni porta a porta nel corso degli anni. Ha al contempo negato che il database a cui ha fatto riferimento Lapsi.al appartenga al Partito socialista albanese.

L’oltraggioso abuso di dati personali

La scoperta da parte dei media dell’abuso dei dati personali dei cittadini è stata resa possibile grazie a un informatore all’interno dell’entourage dei socialisti, che ha condiviso con i giornalisti le prove dell’esistenza del database. In quest’ultimo vengono elencati i cittadini per nome, cognome e nome del padre, numero del documento di identificazione, data e luogo di nascita, numero di telefono, seggio elettorale, ecc. La maggior parte delle informazioni incluse rispecchiano quelle richieste per avere accesso alla piattaforma online e-Albania, creata dal governo per facilitare l’accesso digitale a una serie di servizi pubblici, come ad esempio il certificato di nascita o di residenza. E-Albania è amministrata dall’Agenzia nazionale per la società dell’informazione  , che ha immediatamente respinto le accuse.

Il database riflette il “sistema di patronato” citato dal Primo Ministro Rama: ai militanti del partito – a volte anche funzionari della pubblica amministrazione – sarebbero stati assegnati gruppi di cittadini sui quali dovevano raccogliere informazioni personali su preferenze politiche, fedeltà al partito, se residenti in Albania o emigrati, luogo di lavoro, rapporti con la pubblica amministrazione, etnia, pratiche religiose, ecc.

Da quanto emerso dal database nel mio caso il “mecenate”, cioè l’attivista incaricato di raccogliere informazioni, è un uomo di mezza età che lavora nella pubblica amministrazione e si occupa di quasi 100 cittadini nel mio quartiere. Trovarmi nel database ha fatto rivivere la sensazione da incubo del libro di Orwell “1984”.

In circostanze poco chiare, il database è stato inizialmente reso accessibile online per alcune ore. Sebbene successivamente rimosso da Internet, è diventato virale non solo in Albania ma anche all’estero, segnando così non solo un rischio personale per quasi 1 milione di cittadini ma anche un problema di sicurezza nazionale.

Se il potere è al di fuori della legge

La Struttura speciale contro la corruzione e la criminalità organizzata (SPAK) ha ordinato ai due redattori e proprietari di Lapsi.al di consegnare il database. Questi ultimi non lo hanno fatto sostenendo il diritto alla protezione delle proprie fonti di informazione  . Non è ancora chiaro su quali basi SPAK stia indagando sul caso, considerato che la violazione dei dati personali non fa parte del suo mandato  : non è nemmeno chiaro perché i rappresentanti del Partito socialista e le agenzie statali responsabili non siano stati interrogati dalla magistratura sulla questione.

È molto probabile però che eventuali indagini partiranno solo dopo le elezioni del 25 aprile e questo mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni create dalla riforma della giustizia in corso. Nonostante gli sforzi dei media per garantire che le élite politiche siano responsabili delle proprie azioni, le istituzioni albanesi risultano infatti ancora poco mature e sotto il controllo di poche persone.

La raccolta, l’archiviazione e il trattamento dei dati personali dei cittadini effettuate dalle istituzioni per fornire servizi pubblici sono stati presumibilmente utilizzati dal Partito socialista come strumento per perseguire i propri interessi politici. Avvantaggiarsi sull’opposizione attraverso l’uso improprio di procedure statali e l’abuso della privacy dei cittadini dice molte cose sul regime in cui si trovano attualmente a vivere i cittadini albanesi. Indicazioni molto più chiare delle promesse fatte durante la campagna elettorale.

Le informazioni sensibili raccolte rappresentano in primo luogo un’intimidazione degli elettori alla vigilia delle politiche, in particolare di quelli più vulnerabili che hanno ad esempio ricevuto aiuti economici, di coloro i quali lavorano nella pubblica amministrazione, ecc. In questo contesto sottolineare che il voto di ciascuno conta – frase che si ripete spesso per sottolineare l’importanza del momento elettorale – appare più come una minaccia che un augurio per un futuro migliore.

Negli ultimi mesi i rappresentanti dell’UE hanno ripetuto più volte che l’Albania dovrebbe garantire elezioni libere ed eque per favorire l’apertura dei negoziati di adesione. L’elezione di 140 nuovi parlamentari è ritenuto un passo fondamentale per il superamento del clima politico polarizzato e il recupero delle funzionalità e del ruolo di controllo del parlamento. Nel 2019 infatti l’opposizione albanese ha rinunciato ai mandati parlamentari e non ha partecipato alle elezioni locali, lasciando i tradizionali sistemi di controlli ed equilibrio democratici tutti nelle mani del partito al governo e contribuendo alla concentrazione del potere nelle mani del primo ministro.

Lo scoppio dello scandalo sui dati personali mina però alla base la democrazia albanese e l’acquis dell’UE sui diritti fondamentali. La violazione in tali proporzioni del principio di segretezza del voto rappresenta una grave battuta d’arresto della prospettiva di integrazione nell’Ue e deve essere considerata anche come una questione di sicurezza.

Finora, né la delegazione dell’UE in Albania, né le ambasciate degli stati membri e la missione di monitoraggio elettorale dell’Odhir hanno rilasciato dichiarazioni in merito allo scandalo dei dati personali, lasciando tutto nelle mani delle istituzioni nazionali. L’unica reazione è arrivata da una dozzina di organizzazioni della società civile  , che hanno invitato le autorità a indagare sulla massiccia fuga di dati e a condurre “un’indagine corretta, equa e imparziale in modo da proteggere i diritti fondamentali di cittadini, media, giornalisti e informatori che hanno reso pubblico il caso”./Osservatorio Balcani

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