Di Cristina Lovat
Uno studio condotto dall’Ocse, su un campione di 1858 donne albanesi dai 18 ai 74 anni, mostra che il 22% delle intervistate ha subito violenza fisica o sessuale, quasi una su cinque, mentre il 53% ha subito qualche forma di violenza domestica. Il 34% ha subito molestie, e la cifra cresce tra le donne che hanno un impiego.
Il dato più allarmante è che le donne non denunciano la violenza; solo il 3% delle sopravvissute ha riportato alle forze dell’ordine un episodio. Tra i motivi appaiono la paura, la vergogna e la sfiducia nell’aiuto delle istituzioni.
Nelle classi bilingui del Qemali si è discusso: ho ascoltato storie sulle loro nonne sposate con matrimoni combinati, su madri che hanno lottato contro i fratelli per sposare il ragazzo di cui si erano innamorate, sulle vicine di casa riempite di botte da un marito violento.
Le domande e osservazioni di ragazzi dai 15 ai 18 anni (la nuova Albania!) sono state inviate alla giornalista Edlira Gjoni , freelance, esperta in comunicazione, attivista nella battaglia per i diritti delle donne.
Ieri Edlira è venuta a trovarci a scuola, per incontrarli. A loro, che cercano di capire quale sia la radice della violenza contro le donne, come le leggi possono lavorare per fermarla, quanto pesi ancora in Albania il retaggio di una cultura patriarcale, in remissione ma non scomparsa, specie se si esce dalla capitale Tirana, la giornalista ha ricordato, con passione e impegno personale, lo slogan della campagna contro la violenza sulle donne: PARLA CON ME. Il primo ostacolo da superare è il silenzio.
Edlira ha sottolineato il dovere civile di parlare: “Se aiuti anche una sola donna, hai dato un grande aiuto al mondo”.
Un grazie speciale alla splendida Edlira!