Home Approccio Italo Albanese Emma Bonino persona dell’anno 2016: ecco perché l’abbiamo scelta

Emma Bonino persona dell’anno 2016: ecco perché l’abbiamo scelta

La copertina dell’Espresso in edicola domenica 18 dicembre incorona Emma la combattente. Un volto così diverso dalla politica in crisi.

Di Tommaso Cerno, L’Espresso

Perché Emma Bonino? Ormai sazi del referendum, esausti del governo che ne è derivato, sfiancati dell’abuso del termine “responsabilità” contrapposto al pensiero binario, bianco o nero, aperto o chiuso, uno o zero, e condannati a vivere in un Paese dove è vietato votare, perché non c’è una legge in vigore che lo consenta, mentre monta la rabbia dei cittadini e il Pd gonfia di voti l’opposizione con scelte incomprensibili, come la conferma di Maria Elena Boschi nel governo Gentiloni, ci siamo fatti una semplice domanda: nell’era della psicopolitica, mentre cioè assistiamo all’espressione del consenso attraverso il dissenso, esiste qualcosa di diverso eppure di “politico”? Qualcosa capace di invertire il maleficio, rovesciare lo scontro fra contrapposti tipi di rabbia. E di fare della minoranza una maggioranza senza l’utilizzo di leggi elettorali spinte o ballottaggi, ma diffondendo quel virus contagioso che si chiama “lotta civile”.

Il 2016 è stato l’anno dell’elezione di Trump e della crisi Ue. Un anno in cui la politica è diventata spaesamento. Ecco perché l’Espresso ha scelto una politica di lungo corso come Emma Bonino quale persona dell’anno. Il vicedirettore Marco Damilano e il caporedattore Alessandro Gilioli presentano il numero in edicola domenica

Esiste qualcuno capace di riunire il Paese magari proprio sulle battaglie che davvero avrebbero come propria interiore natura la divisione: diritti, fine vita, libertà personali, rapporto con la cultura islamica, welfare. Capace, insomma, di contagiare la democrazia sul lungo periodo, senza ridurla a parentesi polemica scandita a colpi di fiducia o d’insane alleanze che non corrispondono alla volontà popolare. Una marcia silenziosa della politica dentro l’animo degli italiani, fatta di dibattito, anche aspro, non al fine di vincere in proprio o, come capitato il 4 dicembre, al fine di dirsi vincitori di qualcosa. Ma di cambiare la percezione che la gente, soprattutto i più giovani, hanno delle istituzioni, quindi dello Stato, quindi di noi tutti.

Ci siamo risposti di sì. Esiste. Per questo abbiamo scelto di ritrarre in copertina come “Persona dell’anno” Emma Bonino, classe ’48, ultima radicale dopo la morte di Marco Pannella, già parlamentare, ministro ed eurodeputata, prima e unica donna “candidata” alla presidenza della Repubblica da un movimento trasversale che non bastò a portarla al Quirinale, ma lasciò un segno indelebile nel Paese. Forse uno degli ultimi. E soprattutto la nostra più grande combattente. Per le donne, per i derelitti, per la libertà degli individui, per difendere chi la pensa diversamente. Combattente per la non violenza della ragione. Combattente per la coscienza di un’Europa che sembra fare di tutto per dissolversi.

Siamo convinti che il suo volto, così come l’abbiamo ritratto sulla nostra copertina, incarni il lato opposto della Luna nel cielo della xenofobia, del razzismo e dell’omofobia. Ma anche nel più terreno mondo dell’affarismo, del distacco fra popolo e Palazzo, delle povertà invisibili che, improvvisamente, si manifestano in massa, nell’era in cui la democrazia vacilla, si attorciglia a regole che non ne contengono più la portata, come argini troppo bassi di un fiume che le piogge torrenziali trasformano in un mare che inghiotte tutto.

In un clima del genere, ci si aspetta dalle forze progressiste, da quell’area culturale prima ancora che politica, di essere capace di parlare alla gente. Di stare in mezzo a loro. E invece siamo in crisi di immaginazione, rinchiusi in una rappresentanza a “responsabilità limitata”, spesso giocata, da tutti, solo e soltanto sulla paura. La paura di una fine imminente, di una voragine dentro cui tutti cadremo, quando sentiamo parlare le opposizioni; la paura delle reazioni del “sistema”, quasi i mercati e le istituzioni fossero un Olimpo di nuovi Zeus pronti a scagliare saette sul popolo ribelle, invocata invece dalle forze di governo come rudimentale arma di difesa contro un ciclone politico che dalla periferia conquista, ora dopo ora, spazio nei palazzi che la politica tradizionale credeva suoi per sempre. Un ciclone che non si ferma con “parole pigre”, come stabilità, governabilità e responsabilità. Parole che hanno perso il loro originario significato perché ad esse sono seguite nei decenni pratiche del tutto opposte alle intenzioni. Si ferma con una lunga marcia. A costo di perdere. E di ricominciare da capo. Come Emma ha fatto tante volte. Anche comprendendo che la politica non significa fare di tutto per vincere le elezioni. Ma fare di tutto perché le proprie idee trovino spazio proprio dove prima erano assenti. Cambino, nel tempo, la scorza dura dell’appartenenza. Rendano fluido il dibattito. E più unito il Paese. Proprio ciò che ormai non capita più.

Share: