Home Approccio Italo Albanese Vetting e contro-vetting: una tenda senza bandiere

Vetting e contro-vetting: una tenda senza bandiere

Da Exit.al

Da mesi l’Albania e’ scossa da una riforma della giustizia, voluta e studiata da esperti internazionali e locali coordinati dal Partito Socialista, che si prefigge di sostituire un gran numero di magistrati corrotti tramite un processo di selezione chiamato vetting, al termine del quale si suppone (o meglio si minaccia), una magistratura non piu’ corrotta potra’ espellere dalla vita politica tanti personaggi impresentabili che oggi la condizionano.

Questo e’ stato un processo “a freddo” che non ha mai voluto prendere in considerazione come sia stato possibile che la politica albanese si sia cosi’ invischiata in storie di corruzione e di prossimita’ alla malavita. Come molti autorevoli osservatori, del tutto inascoltati, hanno commentato in passato, prima di forzare un meccanismo per fare pulizia sarebbe stato necessario trovare un consenso politico, una decisione corale, per smettere il ricorso ai banditi, fino ad allora necessario per “consolidare” ogni possibile risultato elettorale.

Qui sta il punto: da molti anni i banditi, la violenza, e le armi, sono l’unico strumento che garantisce il risultato elettorale; se un partito non dispone di una forza “militare” (cioe’ o la Polizia, o i banditi) le sue ragioni e i suoi voti “evaporano” durante il processo elettorale; a questo si aggiunge il fenomeno della compravendita dei voti che rischia di diventare pervasivo con la presenza di tanta attivita’ di narcotraffico. E per controllare i banditi, bisogna controllare i giudici, per essere in grado di scarcerare i banditi o di garantire loro una sostanziale immunita’. Qui sta il punto, tutto il resto sono chiacchiere.

Ora le tensioni per determinare questo processo sono arrivate al culmine, apparentemente imboccando strade senza ritorno.

Il Partito Democratico ha messo in piazza molte migliaia di persone senza nemmeno un petardo o una piccola baruffa, e adesso presidia la sua tenda, pomposamente chiamata “tenda della liberta’”, reclamando le dimissioni del governo Rama come unica possibile garanzia per uno svolgimento regolare delle prossime elezioni.

Il Primo Ministro Rama, che non puo’ sbaraccare la protesta senza rischiare incidenti che gli risulterebbero politicamente fatali, cerca di ammortizzare l’effetto della protesta ridicolizzandola e accusando il PD di voler evitare il vetting dei magistrati, procedura iniziale della riforma della giustizia che dovrebbe escludere dalla magistratura tutti quelli che hanno storie di corruzione, o peggio, di crimine. E intanto si fa’ vedere ad incontrare un deputato della sua maggioranza per il quale e’ appena stata richiesta la sua decadenza a causa di rilevanti e infamanti precedenti penali, peraltro non dichiarati nei formulari della decriminalizzazione.

Il Partito Democratico dichiara di boicottare il Parlamento fino a che durera’ la protesta, cioe’ fino a che Rama non si dimettera’ lasciando la strada libera ad un governo tecnico che garantisca a tutti libere e corrette elezioni parlamentari; ma boicottando il Parlamento si renderanno impossibili  le approvazioni delle leggi necessarie alla riforma della giustizia, e soprattutto non si potra’ nominare la commissione che dovra’ amministrare il procedimento del vetting, che in questo modo sara’ completamente bloccato.

Il Partito Socialista e gli uffici del governo continuano ad adoperarsi per rendere inefficace la legge sulla decriminalizzazione, il cui effetto immediato, a causa di un elevato numero di deputati socialisti con precedenti penali e quindi prossimi alla revoca del mandato, sarebbe quello di modificare la maggioranza in Parlamento, rendendo impossibile  il salvataggio parlamentare tramite acquisto di voti se Meta ritirasse il suo appoggio alla coalizione.

Paradossalmente questo e’ possibile perche’ la decadenza del deputato socialista Prenga, eletto nella zona di Lezha, farebbe entrare al suo posto in parlamento un deputato dell’LSI, avendo il Partito Socialista esaurito la lista dei suoi candidati a forza di decadenze di legge (causate dal processo di decriminalizzazione e da altre faccende penali) e da rinuncie forzate.

Intanto il Primo Ministro Rama sembra concentrarsi sull’apertura della sua mostra personale di sculture a Firenze, prevista per il 25 febbraio, mentre il suo principale alleato di coalizione Ilir Meta, considerato da tutti come il vero “king maker”, continua a tacere.

Questi sono i fatti riassunti nella loro essenza.

Da un lato un governo usurato, ormai incapace di proporre una prospettiva economica e politica al paese, che si attacca alla riforma della giustizia, almeno a parole fortemente voluta da tutti, per cercare di costringere gli altri fattori politici alla resa di fronte ad un sistema basato su una politica sempre piu’ complice di banditi e narcotrafficanti, al punto da tentare di non applicare quella legge sulla decriminalizzazione che decimerebbe le sue file ed evidenzierebbe la sovrapposizione degli interessi criminali a quelli politici, dall’altro lato partiti con un passato pesante in termini di “purezza”, ma che stanno cercando di rinnovarsi nella leadership o perlomeno nell’immagine, che dichiarano di voler portare a termine la riforma della giustizia ma accusano il governo di averla manipolata per assumere il controllo della magistratura a fini politici.

La scommessa di Rama e’ che i manifestanti si stanchino e tornino a casa, mentre lui compra il voto di qualche parlamentare inquisito o non piu’ candidabile per arrivare alle elezioni in posizione di controllo del voto, la scommessa di Basha e’ che altri personaggi politici si aggiungano ai manifestanti, in quella tenda lasciata volutamente senza bandiere di partito, per iniziare un processo di ripulitura del paese partendo da un accordo politico ad ampio spettro e non da un criminale gioco di potere.

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