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Un centenario tra il divino e il mito. Eleonora Duse ci lasciava il 21 aprile di cento anni fa

Di Pierfranco Bruni

Un centenario che racconta. Un racconto che è teatro. La vita che si recita e recita il tempo le storie i personaggi l’avventura il destino. Un centenario.

Eleonora Duse. Il 21 aprile di cento anni fa. Pittsburgh. Come lo scriviamo questo nome di città? Ha il vento tra le strade. La Divina la stiamo raccontando attraverso diversi percorsi. L’attrice. La donna. L’amante. Il cuore del mito che diventa Gaspare Stampa e prima Cosette e poi Francesca da Rimini e ancora la madre di “Cenere” con il senso tragico che supera ogni dolore.

Ma era il 21 di aprile che raccoglieva il suo ultimo respiro in una America che l’aveva accolta con entusiasmo e applaudita. Ritornava dopo qualche giorno nella sua Patria per volontà del Vate e del Duce. E Asolo custodisce le due spoglie.

Ma cosa è stata nel teatro dell’Ottocento e Novecento primo ventennio. Non solo l’innovazione. Ma quella tradizione che ha creduto in Goldoni e lo ha rivoluzionato. La commedia nel tempo tragico.

D’Annunzio è al centro. Cosa sarebbe stata senza D’Annunzio? Una grande attrice e forse Diva. Con Gabriele è il tragico nel divino oltre o al di là del bene e del male. L’incontro con Eleonora per Gabriele fu fatale. Certamente. Per Eleonora fu l’intreccio tra il simbolo e il mito.

Tutto divenne città morta, figlia di Iorio, Fuoco e notturno. Possiamo inventarci tutto. Ma Gabriele e Eleonora furono unici nel teatro che recitò la vita. Cento anni. Un racconto senza veli e senza specchi ma lungo la scena di una vita che divenne teatro

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