Home Approccio Italo Albanese Dalle primavere arabe all’autunno dell’Europa

Dalle primavere arabe all’autunno dell’Europa

Di Carlo Alberto Rossi

Con un colpo di scena PS e PD hanno raggiunto un accordo per porre termine alla crisi politica. E in poche ore hanno ribaltato tutto quello che avevano sostenuto per mesi. Se per mesi Rama non ha voluto accettare che si cambiasse la data elettorale “per rispetto della costituzione”, in poche ore hanno convocato il parlamento e con procedure del tutto discutibili hanno cambiato la legge elettorale a elezioni gia’ proclamate e liste gia’ presentate (ma solo dai partiti dell’attuale maggioranza), cercando di penalizzare il terzo partito e tutti gli altri partiti piccoli.

Se nell’incerta democrazia albanese esisteva il pericolo di avere una elezione a cui non avrebbe partecipato il principale partito dell’opposizione, cosa che il premier Rama avrebbe voluto risolvere creando lui stesso “una nuova opposizione”, questo pericolo e’ stato infine scongiurato con un accordo per far scomparire dalla scena politica il secondo partito della maggioranza, e anche per costringere a diventare maggioranza (o a scomparire) tutti gli altri partiti: e’ evidente che nell’Albania attuale il concetto di democrazia non prevede piu’ l’esistenza di una opposizione parlamentare, cosa peraltro strettamente derivata dalla ridotta, se non nulla, capacita’ di un parlamento di nominati di dissentire dalle scelte del governo.

La pressione dei rappresentanti della comunita’ internazionale, ostinatamente a favore del governo e della stabilita’, si e’ trasformata in una benedizione collettiva di una “conventio ad escludendum” (accordo per escludere) ai danni dei piccoli partiti, un evidente abuso giuridico ed un iniquo provvedimento politico.

La nomina di un “vice-primoministro tecnico” e di sei “ministri tecnici” e’ stata commentata dai vari partecipanti all’accordo con discordanti spiegazioni sugli effettivi poteri dei “tecnici”: secondo i socialisti questi ministri non avranno nessun potere se non quello di osservare i reali comportamenti della loro macchina amministrativa per verificare che non venga usata in campagna elettorale, secondo i democratici questi sono invece ministri a tutti gli effetti; secondo i socialisti non possono licenziare o assumere nessuno, secondo i democratici hanno pieni poteri.

Non e’ per niente chiaro, anche per i giuristi piu’ esperti, come si possano limitare i poteri dei ministri senza una riforma costituzionale, e come questi poteri possano essere diversi all’interno di uno stesso governo, a seconda che un ministro sia “tecnico” o “politico”.

Un ministro “politico” uscente ha addirittura firmato una decisione con la quale, presumibilmente per limitare il potere del suo successore “tecnico”, trasferiva i suoi poteri al segretario generale. Il successore “tecnico” con una sua decisione ha immediatamente annullato la precedente. Uno dei due e’ evidentemente un “idiota giuridico”, e visto che nessuno ha protestato per la seconda decisione, il titolo di “idiota giuridico” spetta meritatamente a chi ha preso la prima.

Con la stessa velocita’ legislativa e’ stato concordato, approvato a larghissima maggioranza, e pubblicato un atto legislativo che regola “severamente” il finanziamento delle campagne elettorali da parte dei vari partiti, per evitare abusi e limitare i costi della politica; la sanzione massima per la violazione delle norme, considerata illecito amministrativo, e’ tra 7.000 e 22.000 euro circa, un vero e formidabile deterrente per i minipartiti familiari, ma solo poche briciole per i budget elettorali dei grandi partiti.

L’unica voce discorde e critica per la costituzionalita’ dell’operazione e’ quella dell’associazione degli editori televisivi, penalizzati dalla norma che prevede la gratuita’ degli spot elettorali sulle televisioni, comunque concessionarie dello stato per l’uso delle frequenze e ostinatamente inadempienti in quasi tutti gli aspetti giuridici relativi agli assetti proprietari: dalle loro cronache allarmate che reclamano l’incostituzionalita’ della norma, sembra proprio che l’unico diritto meritevole di tutela nell’ordinamento costituzionale albanese sia il diritto degli oligarchi di prendere soldi dallo stato.

Gli alleati del Partito Socialista, tutti iscritti senza coalizione e con liste gia’ presentate a suo tempo preparate con la logica di riempire il vuoto parlamentare che sarebbe stato creato dall’assenza del Partito Democratico, con il rientro e la presentazione dopo la scadenza dei termini delle liste dei partiti “dell’opposizione”, si ritrovano ora senza nessuna speranza di ottenere un eletto. Per loro non sembrerebbe ammessa la ripresentazione delle liste, e l’unica possibilita’ e’ quella di lamentarsi con il Partito Socialista, mentre i partitini dell’opposizione hanno potuto chiedere al leader della coalizione di riproteggerli candidando i leader nelle liste del Partito Democratico.

Non sembrerebbe, usando il condizionale, perche’ la decisione che riapre i termini per la presentazione delle liste, che dovrebbe essere formalmente una decisione della Commissione Elettorale Centrale, non e’ pubblicata in nessun sito internet del governo o delle istituzioni elettorali, ne tantomeno e’ pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, lasciando ulteriori gravissimi dubbi sulle possibili interpretazioni della norma, rese impossibili dalla non conoscibilita’ e non pubblicita’ della norma stessa.

Tutto questo produce invece una certezza: potremo anche fare le elezioni, potremo anche eleggere un nuovo parlamento, magari potremo pure iniziare a negoziare l’ingresso in Europa, ma uno stato legale, cioe’ un vero rispetto per l’ordinamento giuridico dello stato, non lo abbiamo e non lo vogliamo avere.

Meno male che da oggi sembra che questo non interessi piu’ nemmeno all’OSCE e alla Unione Europea.

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