Home Approccio Italo Albanese Burrnesh, le vergini giurate dell’Albania: sembrano uomini ma nascondono il grande segreto

Burrnesh, le vergini giurate dell’Albania: sembrano uomini ma nascondono il grande segreto

Di DANIELA GAUDENZI

Sulle Montagne Maledette cambiare sesso, diventare uomini, è questione di un quarto d’ora. Basta presentarsi con i capelli tagliati e il fucile in mano davanti ai dodici capi clan della zona e prestare giuramento. E, dopo una notte verosimilmente agitata dai postumi di una sbronza a base di grappa – uno dei privilegi dell’essere maschio – l’indomani si comincia una vita nuova dove non c’è spazio per il pentimento: cambiando sesso diventi una «vergine giurata», e lo sarai per sempre. Vivrai da uomo e degli altri uomini avrai il rispetto, ma non potrai tornare indietro.

LE VERGINI GIURATE D’ALBANIA

Succedeva fino a non molti anni fa e succede ancora. A due ore d’aereo dalle vetrine del centro di Milano, nella zona Nord dell’Albania, la vita è stata regolata negli ultimi seicento anni dal Kanun, un codice di leggi scritte e orali che il resto dell’Albania ha in gran parte dimenticato – il regime comunista l’aveva ufficialmente sospeso per 47 anni – ma che è rimasto incastrato nelle gole e nei crepacci di queste montagne dove gli uomini girano sempre col fucile e «la donna è solo un otre, fatta per portare peso», come recita appunto il Kanun.

LA LINEA DEL SANGUE E QUELLA DEL LATTE


I destini di questa gente galleggiano su due fiumi: la linea del sangue e quella del latte. La prima è quella dei diritti maschili, che si passano di padre in figlio e che prevedono la proprietà, il potere assoluto sulla vita familiare, la possibilità di regolare i conti tra clan con il fucile e quella di combinare il matrimonio della figlia femmina quando è ancora nella pancia della mamma.

La linea del latte, quella femminile, è invece un rigagnolo che si arena in esistenze tutte uguali, in cui l’unico diritto è quello di sognare.

I MOTIVI DELLA SCELTA


Molte delle vergini giurate ancora viventi lo sono diventate per sfuggire a questo destino, per non essere costrette a lavare i piedi al marito e non dover aspettare che si alzi da tavola per mangiare i suoi avanzi.

Altre lo hanno fatto perché non c’era scelta: in una famiglia dove ci sono solo figlie femmine, se si vuole che l’eredità non venga dispersa tra i parenti, qualcuna si deve sacrificare e di solito lo fa quando è ancora una ragazzina, il che rende, da un certo punto di vista, le cose più facili.

ELVIRA E L’OSSESSIONE PER LE VERGINI


Elvira Dones, 47 anni, giornalista e scrittrice albanese che vive tra Svizzera e Stati Uniti, a questa realtà arcaica e sconosciuta ha dedicato il libro Vergine giurata (edito da Feltrinelli), un documentario realizzato per la televisione svizzera e moltissimi pensieri: «Ho saputo dell’esistenza delle vergini giurate quando studiavo Lettere all’Università di Tirana», racconta.

«E da allora queste donne, per me, che da sempre sono affascinata da tutto quello che era “intoccabile” del mio Paese, sono diventate una specie di ossessione: per vent’anni mi sono chiesta che cosa ne sarebbe stato di loro se un giorno si fossero pentite del giuramento».

DONNE IMBRUTTITE


Fino a non molti anni fa, chi si pentiva veniva ammazzata. Ora la vergogna non si lava più col sangue, ma per le pentite non c’è futuro nel loro Paese. Anche chi non è arrivata al pentimento ha comunque faticato a convivere con questa doppia identità.

Per scappare il più lontano possibile dal ricordo della loro femminilità le vergini giurate si imbruttiscono: il passo e i gesti volutamente bruschi, il seno fasciato stretto, i denti distrutti dalla grappa e dalle sigarette.

«BENVENUTO A TE, O UOMO»


Forse le vergini ancora in vita moriranno tali e verranno ricordate come l’ultimo, folcloristico baluardo di un mondo che non c’è più: da pochi anni sulle cime delle Montagne Maledette sono stati piantati i ripetitori dei cellulari e chi ha qualche soldo, dalla Tv di casa, vede anche la Cnn. Ma da queste parti le donne degne di rispetto vengono ancora salutate nello stesso modo: «Benvenuto a te, o uomo».

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