Home Approccio Italo Albanese Intervista a Lura Baci. “Tradurre è una una questione di passione”

Intervista a Lura Baci. “Tradurre è una una questione di passione”

Di Anna Lattanzi

In occasione della presenza di Albania Letteraria alla Fiera del libro di Tirana 2023, ho conosciuto e intervistato Lura Baci, traduttrice dall’italiano all’albanese, che, durante questa ultima kermesse, è stata coinvolta nelle presentazioni di due suoi recenti lavori: Oggi faccio azzurro di Daria Bignardi, presentato anche in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura a Tirana e Fabbricante di lacrime di Erin Doom, tradotti, rispettivamente, per Botimet Dudaj e per la casa editrice Dituria. Buona lettura.

Partiamo da uno dei tuoi ultimi lavori di traduzione presentati in questa Fiera del libro 2023: il volume di Daria Bignardi.

Ci incontriamo in un momento felice, sono state due settimane intense di preparativi, di cui una parte curata direttamente da me. Abbiamo portato i libri di Daria Bignardi all’Università e sono molto felice di essermi occupata dell’organizzazione di questo evento. Ho avuto il privilegio di tradurre in albanese, su commissione della casa editrice Dudaj, Oggi faccio azzurro.

Non è il primo suo libro che traduco; la collaborazione con Dudaj risale al 2009, quando mi è stata affidata la prima trasposizione, Non vi lascerò orfani, al quale hanno fatto seguito gli altri volumi, L’amore che ti meriti e L’acustica perfetta, quest’ultimo tradotto da Adrian Beshaj, uno dei colleghi più bravi in assoluto. A breve consegnerò la traduzione de La storia della mia ansia, che sarà, probabilmente seguita da I libri che mi hanno rovinato la vita, sempre della Bignardi.

Sono stati organizzati due incontri, in cui l’autrice è stata calorosamente accolta: il suo è un nome molto apprezzato in Albania. A questo aggiungo che ho avuto il piacere di conoscere una donna che ammiravo già da lontano; noi l’abbiamo seguita tramite la TV e poi attraverso i libri. Trovo che Daria sia una persona elegante, un esempio di vita, specialmente per le donne. In questo ultimo lavoro mi sono confrontata con una donna, la protagonista, che vive la fine di un grande amore e come in tutti i romanzi di Daria, ho ritrovato me stessa, mi sono riconosciuta. La vita spesso ci mette davanti a prove importanti: le storie che questa autrice racconta, in fondo, sono le nostre.

Hai tradotto anche il libro di Erin Doom. Com’è andata?

Sì, quello che in Italia è un best seller, il caso editoriale dell’anno, Fabbricante di lacrime, un libro tanto atteso in Albania, specialmente dagli adolescenti, il pubblico di lettori a cui la scrittrice si rivolge. Un volume dalla mole molto grande, di quasi 700 pagine, di una giovane scrittrice italiana.

Ho condiviso il lavoro di traduzione dall’italiano, (per Dituria), con il collega Xhimi Lazri, con cui abbiamo deciso di dividerci i compiti: lui ha fatto una parte e io ho fatto l’altra. Si tratta di una storia interessante, di due giovanissimi orfani, lei di grande fragilità, lui dal carattere molto difficile.

Come diventi traduttrice?

Il mio rapporto con la traduzione risale a tanti anni fa; sono quasi trent’anni che traduco, essendomi laureata nel 1992 a Tirana. Ho cominciato già a lavorare nel 1991, con i servizi di interpretariato, con le prime lezioni dopo la caduta del regime e, nel frattempo, con le prime esperienze di insegnamento, grazie ai corsi organizzati dall’Ambasciata. Quegli anni, per me, sono stati una vera scuola di vita.

Ho iniziato con i giornalisti RAI, sono anche vincitrice del concorso RAI “I giovani incontrano l’Europa”, svoltosi nel 1991; quindi la prima volta, in Italia, ci sono stata come vincitrice di una competizione. Si può dire che da lì sia partita la mia carriera, anche se prima degli anni Novanta, quando ero al liceo e poi all’Università, ho tradotto, su proposta di mia madre e dei suoi colleghi, alcuni articoli della Gazzetta dello Sport.

Si trattava di pezzi su personaggi noti, come Trapattoni, per esempio, o Dino Zoff, figure che mi piacevano. Mi sono occupata della trasposizione di articoli tratti, anche, da riviste culturali, dedicati a Sophia Loren o a Liz Tylor. Conservo alcuni ritagli con gelosia; sono i miei primi lavoretti, naturalmente non pagati, ma vedere il tuo nome sul giornale, a quell’età, fa un grande effetto. Mi ritengo fortunata, perché non ho scelto io questo percorso di studi; sono stati i miei genitori a guidarmi, come si usava a quei tempi, ma hanno agito bene, perché con le lingue ho sempre avuto un buon rapporto.

Il lavoro vero e proprio con le traduzioni letterarie, in realtà, risale a prima del 2000. A cavallo tra il 1996 e il 1997, una piccola casa editrice mi ha proposto la trasposizione di due opere, in albanese: 1934 di Alberto Moravia e di un libro che amo tantissimo Marcovaldo e le stagioni in città, di Italo Calvino, che ho ricordato poco tempo fa, in occasione del centenario della nascita del grande autore. Ho anche tradotto libri di grammatica italiana per i ragazzi albanesi e volumi riguardanti l’insegnamento, mettendoci sempre il cuore e una grande passione.

I tuoi ultimi lavori sono libri totalmente differenti tra loro. Cosa hai preso e cosa prendi, generalmente, dai volumi ai quali ti dedichi?

A ogni traduttore succede di prendere qualcosa dai libri sui quali lavora. Io mi occupo di traduzioni a 360 gradi, da quelle tecniche, alle penali, a quelle riguardanti l’insegnamento, ma ti dico con onestà, che la traduzione letteraria è la più bella. Indubbiamente richiede più tempo, perché devi avere anche l’ispirazione giusta: ci sono giorni in cui ti blocchi, rimani su una pagina e ci sono giorni in cui hai più fantasia, perché il traduttore ci mette un po’ di suo, pur rimanendo fedele allo scritto.

Ritieni, quindi, che il libro diventi anche un po’ del traduttore?

Sì, senza uscire dalle idee e dalla trama dettate dall’autore; io la vivo così, mi piace, specialmente quando ho a che fare con delle belle storie. Ora mi esprimerò anche da lettrice: credo che la lettura di un buon libro doni quel pizzico di magia, che permette di lasciare spazio alla fantasia. Segui la trama, ma nella tua mente immagini i personaggi e credo sia una cosa bellissima. I libri insegnano sempre, sia che tu semplicemente li legga, sia che tu ci lavori per qualche motivo. Impari cose nuove e spesso ti confidano che dietro il dolore c’è sempre la speranza.

In Italia sta succedendo qualcosa di preoccupante: si sta ampliando a vista d’occhio la rosa dei traduttori improvvisati, (dall’albanese all’italiano). Quale consiglio daresti ai giovani che si avvicinano al mondo delle traduzioni, affinché non pecchino di improvvisazione e possano intraprendere la giusta via?

Sono d’accordo, vige molta superficialità. Ritengo che diventare traduttori non sia da tutti e questo vale sia per le traduzioni più delicate, come quelle artistiche, che per quelle tecniche, in cui si necessita di particolare precisione. Una delle prime qualità da possedere è il talento e in secondo luogo, la passione per quello che si fa: non è sufficiente conoscere la lingua e comunque, anche lo studio, senza inclinazione e dedizione sarebbe insufficiente. Inoltre, vi è il desiderio di guadagnare tutto e subito e dilaga la convinzione che il lavoro di traduzione offra questo.

Personalmente amo tale professione, perché mi dona una grande soddisfazione, perché tu crei qualcosa che rimane e questo vale sia per l’autore che per me stessa, che come tutti i miei colleghi, agisco sempre dietro le quinte. Dopo tanti mesi di lavoro che non puoi programmare, perché non sai mai come va, di notti insonni, riesci ad avere il libro tra le mani. Dietro quel testo, non c’è solo studio e competenza, ma anche tanta passione, tanto amore. Io penso che si debba fare di tutto per trovare, nella vita, un lavoro che dia la possibilità di vivere dignitosamente, ma che si svolga con passione, che piaccia.

Oggi con google e altre piattaforme, tutti credono di diventare traduttori. Mi è capitato di trovarmi tra le mani traduzioni tecniche totalmente da rifare. Indubbiamente, è necessario un buon percorso di studi, ma soprattutto la consapevolezza di diventare traduttori non solo per il potenziale guadagno, bensì per amore. Non peccare di presunzione, partire dalla traduzione di piccoli pezzi e chiedere aiuto, sempre./AlbaniaLetteraria

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