Home Approccio Italo Albanese “L’armonia dell’onirico” di Pierfranco Bruni – Un pellegrinaggio tra sensualità letterarie

“L’armonia dell’onirico” di Pierfranco Bruni – Un pellegrinaggio tra sensualità letterarie

di Stefania Romito*

Pierfranco Bruni abita la parola quale espressione immanente, disvelatrice di luce e di armonia. Premessa che origina nella consapevolezza che la dimensione onirica si rinviene nel misticismo così come nella realità. Il presupposto inalienabile è un’alchimia di sensi che conduce a una consonanza vitale.

L’esplorazione intellettuale di Pierfranco Bruni giunge a una stimolante e prestigiosa sintesi in questo ultimo lavoro saggistico dal titolo L’armonia dell’onirico (Passerino Editore).

Un dialogante percorso in cui il senso armonico dell’esistenza letteraria confluisce in un ammaliante panteismo onirico. Un viaggio tra le alchemiche isole delle dissimili personalità letterarie incontrate da un Bruni errante tra illustri destini catturati nel vorticoso vortice della parola scritta.

Il cammino bruniano assume i confini di un pellegrinaggio dell’anima in cui l’alchemica sensualità dell’onirico possiede i tratti irresistibili della seducente mente di Lou Andreas – Salomè e delle movenze conturbanti della danzatrice esotica Mata Hari. L’eccezionale attitudine di Pierfranco Bruni di svelare gli assunti più enigmatici della natura femminile, restituendoli a “nova luce”, ci rende depositari di conoscenze inedite rischiarate dalla fiamma della libertà. Quella stessa libertà di pensiero che l’autore persegue in virtù di una intrinseca capacità di giudizio critico, scevra da influenze ideologiche e contaminazioni teoriche.

L’involgente scrittura bruniana si fa, così, esploratrice degli scavi sentimentali nell’esistenza di Lou Andreas Salomè, la seducente intellettuale sovietica che ammaliò l’anima di Nietzsche e che costituì “una grande rivoluzione russa” nella sua esistenza.

Bruni scolpisce i tratti della personalità seduttiva di una spiritualità femminile in continua evoluzione sentimentale penetrando l’eros vissuto come “estetica del corpo e dei linguaggi, orizzonte nell’indefinito delle passioni”. La sua verginità, a lungo preservata, si sintetizza in un’estetica del misticismo in cui la fisicità dei corpi diviene esperienza metafisica e religiosa ma “anche temperanza nell’attrazione spirituale”.

Ma è nelle voluttuose movenze esotiche della inesplicabile Mata Hari, che l’indagine bruniana raggiunge il suo seducente acme trasfigurando l’avventura letteraria in un inobliabile momento contemplativo.

La leggendaria danzatrice olandese, che infiammò l’Europa agli albori del primo conflitto mondiale e che rimase vittima della bieca barbarie umana, ritrova, tra le pieghe di queste pagine, la raffinata dignità, il supremo coraggio, l’elegante spregiudicatezza in “una morte tagliata dal vento dell’alba”. La sua fatale danza è simulacro divino nell’immaginario metafisico dell’autore: “Era bella, con negli occhi la sensualità di quell’Oriente che portava la trasparenza del mistero e dell’onirico senso”.

Se l’onirico disegna fascinose forme nell’ars scribendi di Bruni, il senso del nostalgico si ancora alla spiritualità di una memoria in cui la tradizione è la linfa di una innovante genialità. Così è nell’estatica poetica di Vincenzo Cardarelli che accoglie nell’amore le radici di un tempo che è appartenenza. Radicamento a una dimensione atemporale dove a dominare è il valore dell’attesa, in un’assenza che si dissolve nella solitudine.

La solitudine che affascina Bruni è anche quella che rimanda agli eleganti orizzonti lacustri della scrittura di Piero Chiara. Quel genio “disubbidiente” la cui naturale propensione al rinvenimento della bellezza femminile lo proietta in un immaginario narrativo di provocante ironia, “un percorso letterario profondamente radicato nell’antropologia dell’estasi e dell’incanto stesso della vita”. Un autore anticonformista la cui ribellione volge alla contemplazione degli aspetti più stimolanti ed appaganti del vivere umano.

L’armonico alberga anche nel dolorante misticismo della metafisica dell’estetica in un Dostoevskij interpretato da Bruni quale profeta e ricercatore di pietà nel caos di una modernità che ha smarrito i suoi valori di riferimento. Il vento arido del deserto brucia ogni speranza di veder spuntare all’orizzonte l’esercito dei Tartari. È annullata in noi la possibilità di dare un senso al tempo dell’attesa “e restiamo nel deserto umiliati e offesi. Ma siamo anche consapevoli che il Palazzo prima o poi crollerà nella sfera di metafore inconfutabili che solo la letteratura può annunciare e decifrare”.

Perché Bruni, come Dostoevskij, sa che soltanto la cultura, intesa come veridica Bellezza, sarà in grado di rivestire il mondo di quei capisaldi morali confinati nei sotterranei di una memoria vituperata. L’attesa salvifica, di buzzatiana memoria, si disperde tra le nebbie che avvolgono i nostalgici fiumi ungarettiani. Lo scavo mistico di Bruni, nella poesia di Giuseppe Ungaretti, arriva a lambire le coste della filosofia metafisica di Socrate e Seneca. Un porto sepolto nel quale ripararsi quando le temperie interiori lacerano ogni brandello di speranza. È nella desolazione del naufragio che Bruni fa riaffiorare la sofferente indole ungarettiana “che non contiene logica, né razionalità, bensì soltanto pensiero”. Un lirismo che ripercorre gli strazi dell’anima in perenne conflitto tra vita e morte.

L’armonia dell’onirico è un immaginifico compendio filosofico – letterario – antropologico in cui le costanti emozionali delle pregevoli personalità contemplate definiscono un mosaico di sensazioni e percezioni multisensoriali. Gli echi ribelli, anticonformisti, innovatori, pregni di fascinoso mistero, soffiano da remoti labirinti e accarezzano le coste di quelle isole rischiarate dalla luce della “conoscenza libera”. Una libera conoscenza che contraddistingue l’intera produzione letteraria bruniana, persistente e inesauribile osservazione dell’essenza trascendente nei più variegati ambiti dello scibile umano che si interfacciano con l’arte letteraria.

Le impressioni sensoriali sperimentano, nella scrittura di Bruni, l’opportunità di una trasfigurazione visiva in direzione di una filosofia della tangibilità destinata a dimorare nei cassetti daliniani della memoria.

Quando la letteratura diviene strumento di elevazione morale, intellettuale, spirituale e metafisica, nella sua “irriverente” autonomia di pensiero e di interpretazione, ha raggiunto il suo sublime obiettivo.

Pierfranco Bruni questo lo sa.

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