Home Approccio Italo Albanese I commercianti col berretto “Qeleshe” (5° parte)

I commercianti col berretto “Qeleshe” (5° parte)

Da Adela Kolea

Tirana, anni ’50..

Quel mattino, Anna si era svegliata all’alba. Tutta la notte aveva fatto dei strani sogni. Erano stati i presentimenti e le sensazioni che continuava a percepire ultimamente, a impedirle di dormire tranquilla..Dopo aver dato un’occhiata ai figli che dormivano sereni nei loro letti, nella camera accanto a quella di genitori, scese in cucina a preparare la colazione per sé e per il marito. Giulio doveva partire presto per Durazzo, là dove stava prestando servizio ultimamente..

Lui si era vestito in fretta, senza dimenticarsi di indossare una bella camicia bianca!..

Era tra le sue preferite quella camicia!…Gli era stata mandata da Napoli e gli donava tanto…

Durante la colazione scambiarono poche parole, ma quelle parole furono soprattutto raccomandazioni da parte di Anna nei confronti del marito, di prestare attenzione.

L’attenzione a cui Anna si riferiva, era collegata alla sua posizione sul posto di lavoro. Posizione che era condizionata sempre più da un elemento: Dal fatto di essere marito di un’italiana…

Le provocazioni in merito non erano mancate e Giulio le aveva sempre affrontate a sangue freddo e con l’intelligenza e la prudenza che lo caratterizzavano.

Ultimamente, erano arrivati dei segnali che qualcosa stesse facendo smuovere il terreno sotto i piedi di Giulio…qualcosa di importante e di spaventoso stava per accadere e Giulio, con totale consapevolezza, aveva avvertito la moglie. Questo, non solo per aiutarla a essere preparata a qualsiasi evenienza,ma anche per supplicarla di essere in grado di andare avanti con o senza di lui, a dovere portare il peso della famiglia, dei figli,cosa che fin’ora avevano affrontato soltanto insieme, inseparabilmente..

Si abbracciarono e Giulio partì, essendo seguito dagli occhi di Anna che salutava con la mano il marito, fino a quando l’automobile non fosse sparita tra la polvere della strada e la distanza tra loro che diventava sempre più grande..

L’odore del mare di Durazzo penetrò dai finestrini e si diffuse all’interno dell’automobile. La brezza sembrava la stessa, come quella che di solito Giulio sentiva sulla pelle anche quando era a Napoli, a casa di sua moglie, diventando contagiosa di nostalgia. Diffondeva la nostalgia di un paese che nella sua gioventù, aveva dato loro tanto…E non solo: Trasmetteva un senso di malinconia che, in quel momento era insolita. Era più usuale che l’odore del mare, diventasse per lui fonte di serenità, di meditazione, di pace o allegria…

Ma quel mattino, assieme a quell’odore di mare, Giulio stava respirando contemporaneamente anche delle particelle di un’aria pesante,soffocante. Di un’aria gelida, che iniziava ad afferrare forte il cuore…

Si veniva da poco dalla rottura delle relazioni jugoslavo-albanesi e il dittatore si era messo all’opera per il consolidamento del suo potere assoluto. Tale consolidamento, come punto iniziale del suo avviamento, aveva la lotta contro gli avversari politici. Questi avversari, alcuni realmente esistiti e altri, messi nella cerchia delle persone sulle quali si dubitava o si presupponeva fossero tali, per avere nella loro biografia o nella loro condotta dei particolari compromettenti,diventavano persone ‘pericolose’ per il paese…
Giulio, anche se questa lista maledetta la conosceva bene ed era consapevole fino ad un certo punto di farne parte, fino alla fine non ci voleva realmente credere…

Recentemente il suo collega, colui che con Giulio condivideva lo stesso ufficio, era diventato molto invadente. Sotto la scusa della’confidenza’ a livello di amicizia, gli faceva delle domande azzardate, che a Giulio stavano causando della preoccupazione. Non perché non aveva saputo come reagire e come rispondere a sangue freddo, ma per un altro fattore: Quello di percepire il pericolo e di avere la sensazione che quella persona, in quell’ufficio, non era stato mandato per condividere l’esercitazione della professione dell’economista con lui, bensì per contribuire alla trappola che gli stavano per tendere…

Infatti, il collega fece di tutto per sabotare il preciso lavoro di Giulio…

Fece di tutto per mettere i bastoni tra le ruote a lui nelle cose di sua competenza. Non solo: Fu talmente astuto ( o meglio, così gli era stato ordinato), da farsi coinvolgere anche lui di persona in un progetto realizzato dal loro ufficio che sarebbe dovuto essere seguito particolarmente da Giulio e che,stranamente sarebbe risultato come ‘sabotaggio’…

Naturalmente, per tutt’e due i colleghi fu emesso un mandato di arresto…

Giulio vide la sua vita cambiare totalmente dopo questo impatto violento con la cosiddetta ‘giustizia’…

Quel giorno,nel cortile della fabbrica, l’ombra della jeep militare dalla fama così crudele, impietrì tutti i dipendenti…
I due colleghi vi salirono ammanettati, come fossero dei criminali

Per Giulio, se ‘crimine’ si potevano definire la preparazione e la dedizione al lavoro, la correttezza e la professionalità, tutto questo diventava un incubo dal quale sperava di svegliarsi al più presto e di mettere tutto in chiaro. Di accertarsi che da parte sua, non c’era stata nessuna colpa,nessun errore, tanto meno… sabotaggio!

Ma si rese conto purtroppo di una cosa che fino a quel giorno aveva cercato disperatamente di evitare o addirittura, di cacciare via dai suoi pensieri:

Del fatto che quello di avere sposato un’italiana, di condividere la vita con lei in un Albania come quella dove stavano vivendo al momento, sarebbe diventato un rischio presto concretizzato, sarebbe diventata una tempesta scatenata senza pietà contro di lui e della sua famiglia..

Al processo – farsa, ai due colleghi fu ingiustamente inflitta una pena detentiva che per Giulio risultò (stranamente) molto più pesante! ..L’ergastolo!..

Poco più avanti, come di solito accade nelle situazioni tragicomiche, il finale è sorprendente … E questo può avere un riflesso relativamente positivo o negativo..

La pena fu loro ridotta nelle seguenti misure:
Il collega di Giulio, si fermò in carcere soltanto per pochi mesi e uscì …

A Giulio fecero ‘la grazia’ di ridurgli la pena, ma lui fu privato della libertà personale non per due mesi, non per due anni: gli anni in cui Giulio scontò la pena, furono una parte di vita importante che veniva distrutta molto dolorosamente: Questi anni furono ben 20…

Tanto il dolore, tanta la rabbia, tanto lo sdegno per ciò che veniva chiamata ‘giustizia del popolo’ …

Quella poteva essere definita in modi e termini illimitati, tranne che ‘giustizia del popolo’…

Loro stessi erano parte di quel popolo. Giulio per di più, ma anche Anna ormai si sentiva facente parte di quel popolo buono, accogliente,di parola, di fede, ma che purtroppo si stava facendo guidare col pugno di ferro da alcuni che facevano di tutto per eliminare i veri valorosi figli dell’Albania sofferente …

Il cambiamento radicale nella vita stessa di Anna, tra una sofferenza e l’altra, la portò un giorno, rimasta sola, con il marito in carcere, con i suoi familiari in Italia che non poteva più vedere, a fare un salto indietro nel tempo, nella sua memoria..:

“ La distanza dal mio paese è talmente breve…! Mi basterebbe affacciarmi alla riva del mare, per poter odorare il profumo delle acque che provengono dalle mie parti, le quali di sicuro, in un momento di nostalgia, mi allevierebbero da ogni sensazione di lontananza dai miei cari..E ad ogni modo, quando la nostalgia per loro mi afferrerà con insistenza, correrò a casa e loro mi verranno a trovare ogni volta che vorranno”..

E poi..nel 1944 :

“Anna, io ho il dovere di uomo, di marito, di padre di famiglia, di chiederti di riflettere bene e in fretta su cosa vogliamo fare della nostra vita! Dove, dovremmo prendere la decisione di vivere, se in Albania o in Italia, perché qui in Albania, le cose fra un po’, si metteranno male …”

Anna, con le lacrime agli occhi, prese la decisione più delicata ed importante della sua vita: Quella di scegliere di vivere in Albania!…

Quella mattina faceva freddo, più freddo che mai. Avvolta nel suo lungo cappotto di lana,con il cappello in testa al quale era molto affezionata, in quanto era un regalo di suo padre,Anna si trovò davanti ad uno stabile che metteva paura, che faceva venire i brividi…Mai e poi mai aveva pensato di dovere trovarsi un giorno nella sua vita, nei pressi di un tale edificio..Mai e poi mai,  Anna avrebbe pensato che in un tale inferno, si sarebbe ‘fermato’ suo marito, il suo amato Giulio..

Quel giorno,a loro due non permisero neanche di vedersi..

Ma una delle guardie,dall’ aspetto terrificante,chiamò Anna in quanto aveva degli effetti personali di Giulio da consegnarle,tutti raccolti in una scatola di cartone …

Lei prese la roba e andò via di fretta, tremando tutta..

A casa la aspettavano i figli..Prima ancora di fermarsi a parlare con loro, Anna entrò nella sua camera e con le forze che la stavano per abbandonare, aprì quella scatola. Gli occhi le caddero subito su un pezzo stracciato di stoffa…bianca… Era la camicia di Giulio,la sua camicia preferita, quella camicia che Anna aveva stirato quella mattina e lui aveva indossato il giorno dell’arresto …

Sulla manica della camicia, con il suo sangue, Giulio aveva scritto un messaggio per la moglie: “ Sono innocente”..

Ma Anna, di questo ne era convinta…

Continua…

tirana anni 50

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